sabato 20 settembre 2014

COUNSELING E PSICOTERAPIA distinzione fatta.




Rogers  rivoluzionò il concetto di terapia negli anni quaranta. Fece rientrare il counselling e la psicoterapia nello stesso processo : stimolare, in una relazione autentica rispettosa e cordiale, l’auto-cura, prendendo così le distanze da un processo nel quale il  terapeuta o il counsellor erano visti come :  gli esperti, alla maniera dei medici, che prescrivono ricette di guarigione. Ciò aiutò a creare un certo livello di confusione tra psicoterapia e counselling  .

Credo che sia  comunque possibile definire l’ambito della psicoterapia per distinguerlo da quello del counselling in modo da minimizzare le sovrapposizioni, visto che le distinzioni non riguardano dei confini fisici, ma concettuali, che delimitano attività aventi significati diversi ma contenuti simili. 
Ritengo poco funzionale usare la durata degli incontri da alcuni suggerito come criterio di distinzione tra psicoterapia e counselling, perché ci troveremmo in conflitto con le psicoterapie brevi, nelle quali anche incontri di pochissime ore, anche meno di cinque, sono considerate psicoterapia.

Accennerò brevemente ad una metodo di distinzione basata su tre dimensioni:   la dimensione  dentro o fuori della persona (la dimensione interno-esterno), la gravità della difficoltà (non patologico-patologico) e  la dimensione della collocazione psicologica  della difficoltà la sua collocazione nell’uiverso psicologico, conscio o inconscio .

Il terapeuta interviene su disagi che sono complicati dal punto di vista del mondo interiore della persona, mentre il counsellor è nel proprio ambito se interviene su difficoltà che sono complicate a causa della complessità del mondo esterno.  Ad esempio, non è necessariamente un segno di patologia se ci sono difficoltà nel gestire una transizione di vita, come il passaggio dalla condizione di coppia a quella di genitori o a quella di rottura del legame di coppia, oppure sorgono scompensi nel passare dalla situazione di studente universitario a quella di adulto che si inserisce nel mondo del lavoro, o che si riferiscono a situazioni che implicano scelte di carriera, o transizioni da situazioni di normale vita quotidiana a situazioni di lutto o di disastro naturale. In altri termini lo psicoterapeuta ha una quasi esclusiva sui processi soggettivi e oggettivi dentro la persona, mentre il counsellor ha una quasi esclusiva quando si tratta condizioni difficili e nuove esterne alla persona. 

In secondo luogo la psicoterapia riguarda i contenuti in quanto manifestano condizioni patologiche della personalità.  Il disagio presenta carenze che  gravitano  nell’ambito percettivo, di pensiero e di comportamento, e in generale del mondo  soggettivo ed oggettivo da intralciare gravemente l’uso delle ordinarie funzioni di vita.

 Il counselling  affronta situazioni che possono ancora toccare, leggere disfunzioni della personalità, ma la focalizzazione non è sul disagio riferibile a strutture psicologiche che intralciano gravemente le risorse normali di gestione della vita della persona ma sulle competenze di percezione, di pensiero e di azione normalmente funzionanti se adeguatamente contestualizzate e informate.

 In terzo luogo, il cliente può presentare difficoltà che riguardano prevalentemente la sfera conscia del suo agire, per cui ha notevole potere sulle risorse interne soggettive e oggettive. La difficoltà non deriva da processi così fuori dalla coscienza da  impedire un sano controllo sulle proprie risorse cognitive ed affettive. Si tratta, ad esempio, di difficoltà di stile di comunicazione, difficoltà di inquadrare adeguatamente problemi o di contestualizzali in modo funzionale rispetto ai punti costruttivi di arrivo desiderati, e tali difficoltà sono superate con normali interventi chiarificatori.

 L’aiuto che viene chiesto al counsellor riguarda non la carenza di risorse psicologiche, ma la complessità del mondo di inserimento della persona. Ad esempio, si presenta un uomo che si deprime perché ha perso il lavoro e la depressione scompare quando il fattore esterno, il licenziamento, è affrontato in modo risolutivo; la difficoltà non è dovuta ad una peculiare organizzazione psichica: il sintomo, di per sé psicologico, ha le radici in  un fattore contestuale esterno, il licenziamento. Ovviamente se la reazione depressiva fosse così grave da intralciare gravemente la capacità di usare le proprie risorse psicologiche, il counsellor dovrà fare un invio. 

Sulla base della logica presentata è possibile concludere con una distinzione generale tra psicoterapia e counselling :  se si tratta di patologia e impegnativo blocco  dovuto alle condizioni psicologiche della persona, il professionista è chiaramente nell’ambito della psicoterapia; se, invece, l’aspetto dominante riguarda un disagio che deriva dal mondo esterno o è un misto di leggere difficoltà psicologiche e contesti altamente stressanti, allora si è nel territorio che può riguardare più specificamente il counselling, a patto che la fonte del disagio sia prevalentemente nel contesto esterno alla persona.


 Nel counsellin non si mira a nessuna trasformazioni della personalità del cliente,  ma  sono importanti le ridefinizioni e l’uso dei contesti, l’analisi di situazioni esterne e relazionali, l’esplorazione di possibili alternative, la scoperta di modi meno faticosi di risolvere problemi, l’ampliamento di significati nella lettura dei contesti personali e interpersonali, la scoperta di vie d’uscita da oppressioni, sfruttamenti e manipolazioni.



 da un articolo di Pio Scilligo




Vincenzo D’Angelo: Counselor ad approccio sistemico integrato 
all’armonia posturoemozionale funzionale, Life-Mental Coach, Naturologo , 
operatore shiatsu, massaggiatore olistico, operatore Wassage.

conduttore di gruppi di E-Motion e Yoga della Risata 
TEL.  :  338-8809519 
professionista disciplinato ai sensi della legge 4/2013.
 del 14 gennaio 2013, pubblicata nella GU n. 22 del 26/01/2013" 

giovedì 4 settembre 2014

Reprimere le emozioni..... fi A.Lowen

I bambini reprimono gran parte delle loro emozioni per adattarsi alle condizioni dell’ambiente familiare.
Cominciano col trattenere le espressioni di paura, rabbia, tristezza e di gioia perché pensano che i loro genitori non siano in grado di confrontarsi con questi sentimenti.
Di conseguenza diventano sottomessi o ribelli; né l’uno né l’altro di questi due atteggiamenti rappresenta una espressione genuina di sentimento.
La ribellione è spesso la copertura di un bisogno, mentre la sottomissione è spesso la negazione della rabbia e della paura.I sentimenti sorgono come impulsi o movimenti spontanei  dal centro vitale dell’individuo.
Per reprimere un sentimento bisogna smorzare e limitare la vitalità e motilità del corpo. Così lo sforzo per reprimere un sentimento diminuisce necessariamente tutto il sentire...I sentimenti sono la vita del corpo così come i  pensieri sono la vita della mente.

A. Lowen  "Espansione e integrazione del corpo in bioenergetica",  pg. 105


Vincenzo D’Angelo: Counselor ad approccio sistemico integrato 
all’armonia posturoemozionale funzionale, Life-Mental Coach, Naturologo , 
operatore shiatsu, massaggiatore olistico, operatore Wassage.

conduttore di gruppi di E-Motion e Yoga della Risata 
TEL.  :  338-8809519 
professionista disciplinato ai sensi della legge 4/2013.
 del 14 gennaio 2013, pubblicata nella GU n. 22 del 26/01/2013"