Sono migliaia gli attacchi che ogni giorno deve far fronte il corpo: che sia per l’aria
inquinata che respiriamo, per il cibo “morto” o spazzatura che mangiamo, per le
emozioni nocive di cui (altrettanto) ci
cibiamo … . Insomma, senza che ce
ne rendiamo conto il nostro corpo lavora senza sosta supportato da una sua
saggezza profonda.
Si
proprio così avete letto bene, una
saggezza tutta sua. Il corpo è dotato di
un’intelligenza che spesso però viene sottovalutata o, peggio, non considerata.
Eppure è proprio il nostro corpo che, facendo spesso i salti acrobatici, cerca
in ogni istante un equilibrio, una compensazione, per far in modo che la vita
continui. Senza queste compensazioni, saremmo tutti malati. Ma tutto e tutti in
un eccesso lavorativo si stancano e possono crollare esausti sotto il peso del
lavoro (compensazioni). Cosi invece di comprendere, siamo soliti eliminare il
sintomo più che capirne la causa. Ma noi facciamo molto di più andiamo oltre
fino a ribaltare il concetto di saggezza del corpo arrivando così a pensare che
in realtà il “manovratore” ( ovvero quel qualcosa che coordina tutto ciò che
accade nel nostro organismo ) sia pazzo e che per questo vada
tenuto a bada, controllato, ricondotto sulla retta via con antinfiammatori,antibiotici,
vitamine, integratori alimentari, interventi chirurgici, ecc… per evitare che
la sua natura illogica e pazza ci porti verso l’autodistruzione. Non ritengo di
essere un naturologo fondamentalista
estremista per cui nei casi acuti ben vengono questi protocolli di cura, voglio
solo sottolineare che il concetto che il “manovratore sia pazzo” ormai pervade
e sottende buona parte della medicina e della psicoterapia figlie del nostro
secolo. Da qui la nozione che una dose di buon senso somministrata dall’esterno
possa “rimettere in carreggiata” il nostro organismo (in campo medico) e il
nostro inconscio ( in campo psicoterapico) .
Come avviene in ogni
altro ecosistema, credo che sia verosimile pensare che anche l’organismo si
regga su una forma intrinseca di autogestione, capace di coordinare tutti i
suoi bisogni fisiologici e psicologici animata da una sana organizzazione che
vuole solo il meglio. la gestione quindi non è pazza ma solo nascosta, come il
sistema operativo di un computer capace di gestire una quantità di informazioni
molto maggiori di quelle che vediamo sullo schermo e inconscia, come è
necessario che sia per riuscire a gestire un enorme quantità di informazioni
che le derivano dall’esperienza, dalle sensazioni, dalle percezioni e
probabilmente anche da una serie di dimensioni a noi sconosciute. Con questi
presupposti, il criterio con cui ci poniamo di fronte a qualsiasi problema
fisico o psicologico non può che essere ribaltato. Perché a questo punto lo
scopo non è più quello di sostituirci a tale gestione interna con la
presunzione di saperne di più, ma quello di collaborare con essa fornendole le
informazioni che possono esserle di aiuto per decidere al meglio.
Proprio per questo che
oggi in vari campi molti studiosi forniscono una diversa valutazione di ciò che
l’organismo produce spontaneamente, vedendo nel sintomo un tentativo
dell’organismo di riorganizzarsi in maniera più sana.
In campo psichiatrico i
deliri dei “malati” sono considerati privi di senso , allo stesso modo sono
considerati i discorsi dei malati di Alzheimer. Un tempo, della stessa
considerazione godevano anche i sogni
delle persone “normali”e i disegni dei bambini, ma oggi grazie a Freud alla
psicoanalisi e a tutte le sue svariate diramazioni, sono ampiamente
riconosciuti e utilizzati come strumenti di crescita personale, sia per i loro
messaggi simbolici sia in quanto forme d’arte spontanea e si cominciano a
prendere sul serio le allucinazioni dei malati di mente, come atti onirici in
stato di veglia.
Per i malati di Alzheimer esiste oggi la Validation
Therapy che rivaluta la funzione e il senso di ciò che essi producono, dicono e
fanno.
È lecito comprendere il
sintomo ed interpretarlo come forma di compensazione che l’organismo mette in
atto in risposta ad un’alterazione organica di origine fisica o psichica?
Dall’esperienza clinica
di numerosi professionisti, è emerso che proprio le persone che sviluppano una
malattia invalidante come la sclerosi multipla sono paradossalmente, quelle che
in un periodo antecedente , si sono fatte a lungo carico degli altri (-compensazione-per
compensazione in questo contesto intendo quel concetto paradossale in cui nell’organismo
emerge una malattia generata dal conflitto inconscio tra i suoi agiti e i suoi
reali bisogni). Così come andando ad esaminare la storia passata di persone
affette da sindrome di affaticamento cronico, si risconta una vera e propria
iperattività, una vita piena di impegni professionali o umani (compensazione).
Osservando questi collegamenti appare verosimile che la malattia risponda ad un
preciso disegno, o meglio, a un principio di autoregolazione (compensazione)
che da un lato , a livello macroscopico va a compensare la struttura psicologica dell’individuo e
dall’altro a livello microscopico può riflettersi sulle reazioni biochimiche e
organiche. Il tutto regolato da un
principio e cioè di non interrompere l’equilibrio. L’organismo umano,
infatti, tende naturalmente al mantenimento di una condizione di stabilità (che
la scienza chiama << omeostasi
>> , ma potrebbe essere definito meglio come << omeodinamica >> per chiarire il nesso tra il continuo lavoro
di adattamento e la stabilità che tale
lavoro serve a mantenere). È grazie a questo meccanismo che abbiamo 37 gradi di
temperatura sia in estate sia in inverno, sia davanti al caminetto sia uscendo
di casa sotto la neve. Cosa succede allora quando si interviene sull’omeostasi?
Prendiamo il caso di un culturista che assuma testosterone, un ormone con
effetto mascolinizzante, usato in certi ambienti per aumentare la massa
muscolare. Tra le conseguenze principali derivanti dalla sua assunzione ci sono
l’atrofia dei testicoli e i danni (talvolta persino tumori) a carico di alcuni
organi interni come fegato e reni. Dato che questo ormone è normalmente
prodotto dai testicoli, e che l’organismo tende al mantenimento di un
equilibrio, assumendolo dall’esterno sarà inibita la produzione interna fino
all’estrema conseguenza dell’atrofizzazione dei testicoli. Il danno agli organi
interni deriva invece dal fatto che il testosterone ha tra i suoi effetti
quello di portare l’energia ( e quindi la circolazione, il metabolismo ecc.)
verso la parte strutturale del sistema in particolare sull’apparato
muscolo-scheletrico, a discapito della sua parte viscerale ( cioè degli organi
interni). In questo modo l’equilibrio specifico dell’individuo si spezza.
Sul versante opposto
prendiamo ad esempio chi utilizza sostanze che hanno l’effetto di portare più
in contatto con l’interno del corpo e con gli organi, e quindi di approfondire
le sensazioni di benessere, le emozioni, il rilassamento e la sensibilità,
quali l’ecstasy o la marijuana. Queste sostanze agiscono impedendo il
riassorbimento della serotonina mantenendola in circolo. Forzando il meccanismo
attraverso sostanze introdotte dall’esterno è risultato da molti studi che
avviene un’impermeabilizzazione delle membrane delle cellule nervose nei
confronti della serotonina , quindi una ridotta sensibilità ai suoi gradevoli
effetti. Alla liberazione emotiva ottenuta sotto l’effetto di tali sostanze, o
di altre dello stesso genere, segue perciò, dopo un certo tempo, una difficoltà
crescente a ottenere lo stesso tipo di benessere in modo spontaneo.
Questo è il prezzo che
l’organismo paga ogni volta che tentiamo di spostarlo dal suo equilibrio
naturale , il primo effetto della forzatura è una reazione uguale e contraria a
salvaguardia dell’omeostasi (anche attraverso le compensazioni), con un
possibile danno ulteriore legato allo spostamento del cursore verso una
“specializzazione” solo muscoli e “niente” organi o , all’opposto, tante
emozioni e poca struttura. Ora, sappiamo che i meccanismi fisici e psicologici
di un essere umano non funzionano mai separatamente, ma sono regolati
internamente da un'unica forma di gestione del sistema globale. Quindi ogni
volta che si vanno ad influenzare parametri fisici come forza e debolezza, giovinezza
e vecchiaia, in realtà si provoca un’interferenza anche su tendenze
psicologiche. Se ad esempio si curasse un’anemia con dosi adeguate di ferro,
senza tenere conto di quanto il sintomo rifletta coerentemente anche sul piano
fisico un bisogno psicologico di minor energia ( funzionale per qualche motivo a
un dato momento della vita), è probabile che, una volta “risolto” questo
problema sul piano fisico, lo stesso bisogno psicologico si ripresenti sotto
altra forma, come una storta a una caviglia, un’allergia, un esaurimento.
Perché l’ecosistema umano, oltre a non essere pazzo, non è disposto a cambiare
i suoi piani se non ha dei validi motivi (consapevolezza).
Se questo detto fin qui è
vero per gli ormoni e per tutte le sostanze prodotte dall’organismo, è lecito
supporre che la stessa cosa avvenga anche per le vitamine e per i minerali. Con
qualche differenza, visto che , assumendone più del necessario, ciò che si
inibisce è piuttosto la capacità di assorbirle. Insomma prima di curare un sintomo
può essere vantaggioso comprendere il messaggio che porta con sé con le dovute
eccezioni naturalmente. Ciò che conta è l’atteggiamento di chi riconosce la
malattia una sua motivazione, una logica, un’intelligenza, una dignità e una
dignità anche su piani che sfuggono l’evidenza. Il sintomo non è che una zona
d’ombra da indagare, come un aspetto di sé che non si riesce a vivere e a
concretizzare. In questo senso prendere coscienza degli aspetti di sé sui quali
il sintomo chiede di portare l’attenzione porta a completarsi, quindi a guarire,
perché guarire significa semplicemente osservare, comprendere e onorare quello
che succede, invece che interromperlo o modificarlo. Una volta ritrovato ciò
che manca nella propria vita, in genere il sintomo non ha più ragione di
essere. Ogni problema fisico, dalle tensioni nella zona cervico-lombo-sacrale
all’acne, e ogni malattia, dall’infarto al cancro può essere letto come
l’espressione dell’area di conflitto tra ciò che una persona pensa di essere e
ciò che in realtà è.
Qualsiasi disagio, da un certo punto di vista, può essere
considerato come un’informazione che l’immagine de sé non corrisponde alla
realtà. Se a volte il collegamento è
lineare, per esempio; lo spaccalegna non considera il suo mal di schiena come una
malattia, lo mette in conto rientra perfettamente nell’immagine che ha di sé
come lavoratore indefesso, altre volte può essere difficile stabilire un nesso,
come tra il diabete e voler sostenere un’immagine di sé più generosa della
realtà.
Insomma sostenere la maschera di ciò che si vorrebbe essere, comprare
una faccia che non si ha, a lungo andare può riflettersi in una malattia. Fino
a quando siamo disposti a pagare il prezzo imposto dai nostri ideali viviamo in
salute. Ma quando più o meno inconsciamente
ci rifiutiamo di vivere un’identità che non ci corrisponde più, ecco che la
nostra organizzazione in qualche modo crolla. Per ricostruirla , può essere
necessario aprirci a un’immagine maggiormente reale di noi stessi.
Per chi vuole approfondire il tema vi consiglio :
BUONA VITA
Vincenzo D’Angelo: Counselor ad approccio sistemico integrato
all’armonia posturoemozionale funzionale, Life-Mental Coach, Naturologo ,
operatore shiatsu, massaggiatore olistico, operatore Wassage.
conduttore di gruppi di E-Motion e Yoga della Risata
TEL. : 338-8809519
“professionista disciplinato ai sensi della legge 4/2013”.
del 14 gennaio 2013, pubblicata nella GU n. 22 del 26/01/2013"
TEL. : 338-8809519
“professionista disciplinato ai sensi della legge 4/2013”.
del 14 gennaio 2013, pubblicata nella GU n. 22 del 26/01/2013"