mercoledì 13 marzo 2013

Cos’è lo stress?



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Cos’è lo stress?

Il Dottor Hans Selye (1907 – 82) dell’università di Montreal in Canada, un pioniere nella ricerca sullo stress, usò tale parola per la prima volta in un articolo scritto nel 1935, nel quale definiva la tensione avvertita da una persona “stress” e lo stimolo stesso “stressogeno”.
Il termine “Stress” è preso in prestito dall’ingegneria e dalla fisica ed indica la forza esercitata su un oggetto. Per esempio, esercitando una pressione con un dito su una palla di gomma, si crea una concavità. La condizione di pressione sopportata dalla palla è detta “stress”.
Ai nostri giorni utilizziamo il termine “stress” per indicare una reazione tipica di adattamento fisico, mentale ed emozionale ad un cambiamento.
Nel tempo il termine “stress” ha assunto una connotazione negativa, in quanto generalmente viene considerato nocivo per la salute.Tuttavia non dobbiamo dimenticare che lo stress è da considerarsi un fenomeno naturale, che fa scattare quei meccanismi neuro-chimici che rendono i nostri sensi più pronti ad affrontare le situazioni che la vita ci propone quotidianamente.
Di conseguenza una piccola dose di stress è addirittura utile e fa bene. I cambiamenti che percepiamo come moderati infatti, non sono soltanto innocui, ma addirittura corroboranti, dato che la nostra capacità di reagire e di adattarci deve essere esercitata regolarmente per mantenersi in efficienza.
Tuttavia, quando la dose quotidiana di stress diventa eccessiva, la salute e l’equilibrio psico-fisico vengono danneggiati. Si parla in questo caso di “distress” (stress cattivo), e conoscerne i meccanismi è necessario per evitarne i danni.
Quando ad esempio le novità sono troppo grandi o influenzano negativamente la nostra vita per lungo tempo, la capacità di adattamento può venire sollecitata in modo eccessivo e possiamo ammalarci.
Se ad esempio, per un lungo periodo di tempo si ha a che fare con un capo scontroso ed esigente che non fa altro che criticare senza fare mai un apprezzamento, alla fine la situazione potrebbe risultare logorante. Se ci si deve prendere cura da soli di un parente costretto a letto senza ricevere aiuto o sostegno, è facile sviluppare a propria volta una malattia fisica o mentale.
E’ interessante notare che anche i cambiamenti generalmente considerati positivi, possono causare stress, come ad esempio un matrimonio, una vacanza, la nascita di un figlio (soprattutto il primo) o una promozione. Nel caso di una vacanza, ad esempio, essa può essere causa di stress perché quando ci si allontana dall’ambiente familiare o di lavoro, ci si deve automaticamente adeguare alla nuova situazione, e questo implica un impiego supplementare di energia mentale, spesso associato a un senso di ansia.

Cosa succede quando siamo stressati

Sotto stress, rispondiamo con reazioni stereotipate che Hans Selye classifica comeSINDROME GENERALE DA ADATTAMENTO. Questa sindrome si attiva non appena una persona percepisce un fattore stressogeno.
Non appena percepiamo una situazione come potenzialmente minacciosa, entra in azione la nostra primitiva risposta allo stress, la “reazione combatti e fuggi”. Per prima cosa la mente entra in uno STATO DI ALLARME in cui i centri celebrali innescano la reazione di pericolo che da il via ad una serie di modificazioni chimiche nel corpo: i muscoli si tendono, il livello di adrenalina nel sangue aumenta, il ritmo respiratorio si velocizza, il battito cardiaco aumenta, la pressione del sangue sale, zuccheri e grassi vengono rilasciati nel sangue per fornire energia supplementare, la salivazione diminuisce, aumenta la sudorazione. Tutti i sensi sono in “allarme rosso” e la liberazione dell’adrenalina e del cortisolo rendono l’organismo pronto ad agire. Queste reazioni fisiche spontanee sono molto utili quando va a fuoco la casa, perché permettono di correre più velocemente e di allontanarsi in fretta dal pericolo. Tuttavia, se per avere le stesse reazioni automatiche basta pensare alla riunione di lavoro dell’indomani, allora si è nei guai. Se nel primo caso infatti viene fatto buon uso della tensione e di tutte le energie fisiche supplementari, nel secondo caso questo eccesso di energia non ha modo di sfogarsi, gli ormoni dello stress entrano in circolo nell’organismo, mantenendo un eccessivo stato di agitazione. Per qualcuno ciò significa un aumento della secrezione dei succhi gastrici che in definitiva può causare ulcere; inoltre, la prolungata presenza di tensione e un’eccessiva sollecitazione della personale capacità di adattamento, può sfinire l’organismo e aumentare il rischio di danni funzionali ad organi come cuore e reni.
Nel secondo stadio, quello di RESISTENZA, tutte le accresciute risposte fisiche e mentali prima attivate continuano a creare un aumento di attività per poter far fronte alla difficoltà, si entra quindi progressivamente in una fase di “adattamento” finchè lo stress non si esaurisce. In questa fase il corpo “si adatta” a vivere nello stress come se fosse diventata una condizione “normale”, ma è una condizione molto pericolosa perché progressivamente avviene un impoverimento di tutte le riserve fisiologiche dell’organismo. C’è infatti un limite alla forza e alla resistenza che una persona può mettere in campo prima di entrare nel terzo stadio: l’ESAURIMENTO.

L’esaurimento

A questo terzo stadio ci si arriva oltrepassata una certa soglia di stanchezza, quando si raggiunge uno stato in cui nulla sembra giovare e i tentativi di rilassarsi fanno sentire solo più stanchi.
Spesso arriviamo al terzo stadio ignorando i segnali dei primi due. Nello stadio di allerta corpo e mente si preparano ad agire, ma dato che si tratta di una preparazione inconscia e quindi automatica, è facile che venga ignorata.
Ci sono persone che si ammalano senza rendersene conto. Persone che non avvertono lo stress nemmeno quando questo ha cominciato a pesare su di loro fisicamente ed emotivamente.
Lo si può notare soprattutto nelle persone che si sforzano sempre troppo duramente o che sono molto sensibili ai bisogni o alle esigenze degli altri. Queste persone interagiscono in modo esagerato con il loro ambiente.
Abusano delle proprie risorse, fino a sfinirsi. C’è infatti differenza tra uno sforzo naturale ed uno sforzo eccessivo. Se si tira troppo la corda, non si sarà in grado di mantenere un impegno troppo a lungo. Nessuno sforzo irragionevole può produrre un progresso costante e duraturo.
Per non cadere nella trappola dello stress è necessario essere in grado di valutare il proprio stato fisico ed emotivo in modo obiettivo: cosa facile a dirsi ma non a farsi.
La vita moderna è infatti basata sull’iperattività, la competizione, l’aggressività, la volontà spasmodica.
Ecco alcune delle massime ricorrenti e tanto nocive nella nostra società:
“Andiamo, supera la tua stanchezza; essere stanchi è un lusso!”
“La stanchezza? Non la conosco!” (sottinteso: di conseguenza non riesco a capire coloro che sono stanchi; li disprezzo; devono darsi solo da fare!)
“Ti senti stanco o depresso? Passa al contrattacco!”
Questa serie di assurdità che purtroppo rappresentano la mentalità più diffusa dimostrano che nella società moderna vige quindi una generale condanna della stanchezza, al punto da considerarla una riprovevole mancanza di volontà.
Di conseguenza una persona che si sente stanca viene biasimata, un’altra invece viene ammirata e ricompensata perché…. Esaurita!!
Assurdo ma vero…
Eppure la stanchezza è una delle peggiori piaghe della nostra epoca.
E’ appena cominciato un nuovo giorno e la maggior parte delle persone si trascinano dietro la stanchezza recitando lo stesso ritornello tutti i giorni:
“fin dal mattino mi sento stanco .. sono irritabile..”
“al mattino sono di pessimo umore e cerco un motivo qualsiasi per litigare .. al mattino devo fare terribili sforzi per ingranare .. solo verso le undici incomincio a sentirmi in forma..”
Questo genere di stanchezza, pur non essendo evidentemente normale, è ormai diffusa in tantissime persone che hanno quasi normalizzato tale condizione. E’ una stanchezza divenuta tanto parte integrante della vita che nemmeno un riposo prolungato riesce a eliminarla.
Ma è necessario non dimenticare che il riposo e il sonno sono bisogni naturali. Il sonno è un periodo di recupero: le cellule cerebrali si liberano dalle tossine accumulate durante la loro attività. Di conseguenza la mancanza di sonno provoca un vero e proprio avvelenamento. Le cellule cerebrali esauriscono le loro riserve, accumulando tossine. Dopo aver dormito, ogni individuo dovrebbe sentirsi completamente a posto, rigenerato. Ogni essere umano dovrebbe al mattino accogliere con gioia il nuovo giorno, fiducioso di affrontare la giornata nel migliore dei modi. Guardandoci invece attorno, possiamo constatare che difficilmente questo accade.
Di fronte alla generale condanna della stanchezza come si comporta quindi una persona affaticata?
Poiché teme il disprezzo, ha paura del giudizio, si rizza in piedi e va oltre perseverando nei propri sforzi. Si mette alla ricerca di tutti gli eccitanti che gli permettono di superare la stanchezza: abusando di fumo, di caffè e di sostanze stimolanti. Continuando a sforzarsi con un atteggiamento di ostinazione e accanimento, la persona arriva al super affaticamento e quindi all’ESAURIMENTO.
Normalmente l’uomo deve passare regolarmente dall’azione ( che può essere manuale, muscolare, mentale, verbale, ecc..) al riposo e dal riposo all’azione, rispettando il segnale della stanchezza, secondo questo schema:
  1. Agisce.
  2. Questa azione provoca una sensazione di stanchezza che deve essere piacevole perché naturale.
  3. L’azione rallenta, poi si arresta; l’individuo si riposa rilassandosi completamente.
  4. Recupera, si rimette in marcia e di nuovo torna ad agire.
Lo schema che spesso si presenta in realtà è però il seguente:
  1. Agisce male (perché affaticato).
  2. Arriva ad una grande stanchezza.
  3. Respinge la stanchezza e continua ad agire.
  4. Giunge ad un’estrema stanchezza.
  5. La respinge ancora e finisce nell’esaurimento.

Quali sono le conseguenze dell’esaurimento?

Gli effetti immediati dell’esaurimento
L’esaurimento provoca una doppia reazione:
  1. la depressione
  2. l’agitazione.
L’esaurito oscilla continuamente tra questi due poli: non c’è depressione senza agitazione e non c’è agitazione senza depressione.
La regola:
  • agisce
  • si stanca
  • si riposa
  • agisce di nuovo
diventa:
  • si agita
  • si esaurisce
  • non può riposare
  • si agita, quindi si deprime, ecc..
E’ un circolo vizioso che non finisce mai. Infatti l’esaurimento è come un veleno: da una parte provoca l’intontimento (depressione) e da una parte l’eccitazione (agitazione).
La depressione provoca immediatamente una difficoltà ad agire, perché vi è incapacità ad agire! L’energia non è più sufficiente per svolgere i compiti normali. Un lavoro facile diventa per il depresso una montagna da sollevare. E’ perciò normale che egli indietreggi di fronte alle circostanze che richiedono azione, dal momento che il suo sistema nervoso non gli permette di affrontare questa stessa azione.
Ogni sforzo diventa terribile per il depresso, egli compie continuamente notevoli sforzi per superare le sue deficienze, poiché ne soffre e teme soprattutto il biasimo generale.
E infatti, come interpreta la società questo rifiuto dinnanzi all’azione? Lo bolla di debolezza morale, gli si dice che rifiuta di fare qualsiasi sforzo! Lo si accusa di fiacchezza, di codardia, e il depresso maledice l’incomprensione generale di coloro che gli sono vicini augurandosi che tutti cadano nel suo stesso stato depressivo, perché facciano diretta esperienza del fatto che, se lui non agisce, esita e indietreggia, è perché il suo stato lo induce a non agire, a esitare, a indietreggiare.
Il depresso si trova quindi tra persone che lo giudicano e lo disprezzano perché pensano che l’esaurito abbia voluto egli stesso il suo esaurimento. Ma questo è un grave errore: si pensa che l’essere umano sia padrone della propria energia e che possa produrla a volontà.
Cosa del tutto falsa. E di conseguenza si giudica il depresso responsabile di questa sua mancanza di volontà. Senza rendersi conto che la volontà normale è un problema di salute ed equilibrio. Invece di dire:”bisogna avere volontà”, bisognerebbe dire: “bisogna avere la salute fisica e nervosa che produce automaticamente la volontà”. La volontà è infatti, né più né meno, una funzione naturale che consiste nel dichiarare: “voglio fare questo e lo faccio senza alcuna difficoltà, tranquillamente”. Quindi l’atto di volontà consiste nell’attingere senza sforzo alla riserva di energia.
Purtroppo nella nostra società più grandi sono le difficoltà che un uomo è in grado di superare, più merito gli viene attribuito. Ma non sarebbe semplice dire che se un uomo possiede più salute ed equilibrio, tanto meglio riesce ad agire? Ciò gli permette di sforzarsi meno e l’energia risparmiata è così a disposizione per altri obiettivi.
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Vincenzo D’Angelo: Counselor ad approccio sistemico integrato 
all’armonia posturoemozionale funzionale, Life-Mental Coach, Naturologo , 
operatore shiatsu, massaggiatore olistico, operatore Wassage.
conduttore di gruppi di E-Motion e Yoga della Risata 
TEL.  :  338-8809519 
professionista disciplinato ai sensi della legge 4/2013.
 del 14 gennaio 2013, pubblicata nella GU n. 22 del 26/01/2013"